Cos’è la fast fashion, la moda economica dagli altissimi costi ambientali e sociali
Crediamo davvero che quella sensazione di vuoto e di tristezza possa essere colmata comprando un altra t-shirt da € 9,90. Una parte di noi sa che non sarà una soluzione ma il nostro cervello ha ricevuto talmente tanti stimoli esterni dalla TV, dai video clip, dalla musica, dai film che ormai la rete neuronale ha creato uno schema che ci renderà sempre più tristi e renderà i potenti sempre più ricchi.
Allora corriamo a prenderci i vestiti come quelli che indossano i calciatori, i cantanti famosi, per sentirci come loro per essere accettati in una società che segue gli stereotipi costruiti, una società composta da 2 miliardi di persone che corrono verso la schiavitù e 5 miliardi di persone che sono giù ridotte a schiavi.
Siamo tutti vestiti uguali, siamo tutti più poveri e più criminali.
Oggi ci sono tanti vegetariani e tanti vegani.
Questa è una scelta di vita davvero apprezzabile ma è una scelta che viene consolidata anche dal fatto che è una moda in questo momento essere "diversi dalla massa"
E' uno strumento fantastico, andare al ristorante o a cena da amici e puntare su di se' l'occhio di bue, aprire le tende tatrali durante il pasto e poter dire:- no io non mangio carne!
Tutti allora si cimentano a farti domande a capire cosa ti ha spinto a questa scelta cosi consapevole cosi etica.
A gran parte di queste persone non gli fotte un cazzo delle mucche o degli allevamenti intensivi, postano foto di insalate per nutrirsi poi di un "mi piace" ma non ha davvero consapevolezza delle proprie scelte.
Racconta di come improvvisamente ha provato compassione per gli animali e subito dopo parla dello shopping fatto il giorno prima da H&M, da ZARA, da Bershka.
POVERINE LE MUCCHE POVERINI I CONIGLI, SONO VESTITA ALLA MODA E HO CONTRIBUITO ALLA SCHIAVITU' E LA MORTE DI CENTINAIA DI PERSONE PER MANGIO L'INSALATA ! SONO FASHION
MUORI PUTTANA...
Non ti fa' strano che l
l’espressione “fast fashion”, cioè ‘moda veloce’, si fa riferimento a quelle aziende di abbigliamento che producono e vendono capi economici e alla moda, proponendone continuamente di nuovi. Realizzare una decina di collezioni all’anno (rispetto alle classiche ‘primavera-estate’ e ‘autunno-inverno’) fa sì che i ritmi di produzione di queste aziende siano sostenibili solo producendo in paesi come l’India, la Cina, la Cambogia o il Bangladesh dove il costo della manodopera è molto basso e spesso i lavoratori (anche bambini) sono sfruttati e costretti a lavorare in condizioni di mancata sicurezza.
Il costo della fast-fashion è enorme non solo a livello umano e sociale, ma anche ambientale. Il settore della moda e del tessile rappresenta infatti la seconda industria più inquinante del mondo, dopo quella del petrolio. Dall’acquisizione delle materie prime, passando per la produzione, il trasporto e lo smaltimento del prodotto, l’impatto ambientale del fast fashion è molto alto.
Secondo il Fashion Danish Institute, un quarto di tutte le sostanze chimiche prodotte nel mondo sono utilizzate nel settore tessile per realizzare il poliestere e le altre fibre sintetiche, che dal 2007 sono diventate le più diffuse (62%) per l’abbigliamento.
La produzione di queste fibre sintetiche causa l’emissione nell’atmosfera particelle e gas come CO2, ossido di diazoto, idrocarburi, ossidi di zolfo e altri sottoprodotti. Inoltre, gli impianti di produzione spesso rilasciano composti e solventi che inquinano i locali corsi d’acqua.
In oltre dietro nomi complicati quali ftalati e formaldeide nascondono una subdola minaccia per la nostra salute. Secondo uno studio realizzato dalla UE, ben il 7-8% delle patologie dermatologiche sarebbe dovuto a ciò che indossiamo.
il 30% degli abiti acquistati langue appeso negli armadi, mai indossato. Una percentuale equivalente finisce ogni anno in discarica dopo essere stato utilizzato, in media, meno di cinque volte, ma spesso anche dopo un solo uso. In totale 14 milioni di tonnellate di abiti e tessuti usati sono gettati via ogni anno nel mondo, di cui solo il 16% viene riciclato(fonte: EPA – Environmental Protection Agency).
Come consumatori, cosa possiamo fare per contrastare le conseguenze deleterie della fast fashion? È possibile cambiare l’industria della moda semplicemente modificando il modo in cui consideriamo i nostri vestiti. Dobbiamo cioè imparare ad essere scrupolosi, a leggere le etichette, a fare attenzione ai materiali di cui sono fatti i nostri abiti, a ragionare sulla loro provenienza, ad assicurarci che i diritti dei lavoratori siano rispettati. Insomma, dobbiamo rapportarci all’abbigliamento che acquistiamo nello stesso modo in cui abbiamo imparato ad approcciarci al cibo.
Preferire la produzione locale in luogo di quella su vasta scala, ricorrere a tessuti non tossici, incentivare il riutilizzo e imparare a rinunciare al superfluo sono tutte strade percorribili. Ricordando che fast fashion è solo apparentemente sinonimo di vestiti economici, portando con sé invece un costo umano, sociale e ambientale enorme.
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